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In Italia, il settore del gioco online genera un gettito erariale importante. Secondo il report SAPAR 2023, le tasse sul gioco sono la terza fonte di entrate per lo Stato. Questo sistema coinvolge in tutto oltre 56.000 esercenti e 150.000 lavoratori.
Ma cosa succede quando si vince? Molti si chiedono quale sia il costo di una vincita, al netto delle tasse.
I giochi e le scommesse in Italia sono controllati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM). Sono loro che autorizzano le società private a gestire il gioco legale.
Ciò riguarda sia le attività online, come i casinò e le scommesse sportive, sia quelle che avvengono in luoghi fisici, come bar e tabacchi. Le vincite sono sempre tassate. Questa tassazione, però, non è uguale per tutti i giochi. La legge ha subito diverse modifiche nel corso degli anni, adattandosi alla nascita di nuove forme di gioco come quelle online. Oggi l’aliquota varia in base al tipo di attività e all’importo vinto.
Quanto segue vale ovviamente per i giochi legali, ovvero quelli proposti dagli operatori che operano regolarmente nel settore in virtù dell’autorizzazione dell’ADM di cui sono in possesso.
La tassazione sulle vincite in Italia non è unica, ma si basa su diversi meccanismi. Esiste la cosiddetta “tassa della fortuna”, applicata alle vincite superiori ai 500 euro. Introdotta nel 2012, questa imposta è stata modificata più volte e oggi prevede un’aliquota variabile dall’8% al 20%. Dipende tutto dal tipo di gioco. Questa tassa si applica a giochi come lotterie, Superenalotto e Gratta e Vinci.
Poi c’è l’imposta unica, che si applica al momento della vincita e la cui percentuale è proporzionale al montepremi. Questa è usata per qualunque tipo di scommessa. Infine, per le vincite ottenute con apparecchi elettronici come le AWP (new slot) e le VLT (videolottery), si applica il prelievo erariale unico (PREU), con un’aliquota che cambia in base alla tipologia di scommessa.
Per capire meglio, vediamo qualche esempio. Se si vince al Gratta e Vinci, si applica un’aliquota del 20% solo sulla parte della vincita che supera i 500 euro. Se si vincono 1.500 euro, la tassa del 20% si calcola su 1.000 euro, ovvero 1.500 meno 500. La vincita netta sarà di 1.300 euro. La stessa regola vale per il Superenalotto, con un’aliquota fissa del 20%. Per il Lotto, invece, l’aliquota è dell’8% e viene già applicata dal concessionario, quindi l’importo che si ritira è già al netto. Le tasse sono pagate alla fonte.
Nei casinò online legali, ovvero quelli autorizzati dall’ADM, la vincita viene accreditata direttamente sul conto di gioco già al netto delle imposte. La società che gestisce il casinò agisce come sostituto d’imposta. Le aliquote in questo caso variano in base a scaglioni di vincita, dal 15% per le somme tra 500 e 1.000 euro fino al 25% per vincite oltre i 10 milioni di euro.
Le vincite ottenute da giochi legali, sia online che offline, non devono essere inserite nella dichiarazione dei redditi. Questo perché le tasse vengono già pagate alla fonte, direttamente dal concessionario o dall’operatore. Nessuna dichiarazione per vincite legali. Questa regola vale anche per le vincite su piattaforme di altri Paesi europei, purché autorizzate.
Se si vince su piattaforme illegali non autorizzate, i guadagni non vengono tassati alla fonte. In questo caso, il giocatore ha il dovere di inserirli nella sezione “redditi diversi” della dichiarazione dei redditi.
Un recente emendamento alla Legge di Bilancio ha introdotto un aumento della tassazione sul gioco d’azzardo. La nuova norma prevede un aumento dell’imposta per le scommesse online e in agenzia, per il poker e per i casinò online.
L’imposta unica sale al 25,5% per i giochi di abilità e al 24,5% per le scommesse sportive online. La nuova tassa è stata definita “di scopo” dal Ministro dello Sport Abodi, con l’obiettivo di finanziare il miglioramento delle infrastrutture sportive. Si stima che questa misura possa generare oltre 200 milioni di euro nel 2025.
Questo aumento, però, ha sollevato preoccupazioni nel settore. Si teme che l’aumento dei costi possa allontanare gli operatori dal partecipare alla gara per le nuove concessioni.
L’aumento delle tasse spaventa e, se le concessioni vendute fossero meno del previsto, l’incasso per lo Stato potrebbe essere inferiore alle aspettative.
C’è anche il timore di un possibile aumento dell’illegalità, se gli operatori non in grado di sostenere i costi decidessero di operare senza licenza. Non si può escludere che gli operatori, per compensare i costi, decidano di ridurre le promozioni o alzare le quote, riducendo così il loro appeal agli occhi degli appassionati.





